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LODI – Via Francesco Rossetti, 12
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Se hai bisogno di consultarti per queste aree di intervento:
PAURE E FOBIE
DISTURBI D’ANSIA E ATTACCHI DI PANICO
ANSIA E OSSESSIONI
PROBLEMATICHE NELLA RELAZIONE DI COPPIA
SENSO DI VUOTO E SMARRIMENTO DI SÉ
LE “NUOVE” DIPENDENZE
DISTURBI PSICOSOMATICI
DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE
AUTOSTIMA E DIFFICOLTÀ RELAZIONALI
ELABORAZIONE DI PERDITE, LUTTI E TRAUMI
Psichiatra o Psicoterapeuta?
Se lo psichiatra nello svolgere la sua funzione abitualmente utilizza la farmacoterapia e il colloquio, lo psicoterapeuta per la cura utilizza solo il colloquio, la conversazione, lo scambio verbale.
Vi sono psicoterapeuti psichiatri e psicoterapeuti psicologi. I primi possono usare due strumenti diversi nella cura, i farmaci e la psicoterapia. Ma possono lavorare solo con i farmaci, oppure solo con la psicoterapia.
Invece gli psicoterapeuti psicologi usano solo la psicoterapia.
Nel campo delle psicoterapie c’è il mondo intero. Per cui scegliere di curarsi con la psicoterapia significa prima cercare un orientamento per scegliere. Se ti rivolgi al tuo medico di fiducia, egli ti invierà a professionisti da lui conosciuti, che godono della sua fiducia. Questa può essere una valida indicazione per orientarsi.
Internet è piena di siti di psicologi, per cui il numero non aiuta a orientarsi. Internet è anche una risorsa perché avendo un po’ di tempo si può approfondire attentamente il curriculum del terapeuta da selezionare, e comprendere quale stile di lavoro ti sembra più adatto alla tua richiesta.
In generale io credo che non ci siano cure in psicoterapia che abbiamo un esito durevole senza un adeguato tempo di cura. Esistono studi che lo dimostrano, vedi ad esempio Jonathan Shedler, articolo in inglese, Scientific American Mind 2010).
Inoltre, in psicoterapia la cura non è un metodo basato su un manuale d’suo, che possa essere applicato indipendentemente da chi lo esercita. La rilevanza della personalità del terapeuta è centrale nell’efficacia perché la psicoterapia è una professione che si fonda sulla capacità di ASCOLTO. L’ascolto è una capacità che richiede una complessa e lunga formazione del terapeuta, e un insieme di talenti specifici non comuni.
Che cosa curo?
Io curo, aiuto le persone a curarsi dei disagi che provano per i propri malesseri mentali, affettivi, per quello che ritengono di non poter affrontare da soli, per le difficoltà che incontrano nella vita: in particolare nelle relazioni con gli altri, nella autostima, nei cambiamenti esistenziali che ci aggrediscono.
La preoccupazione per la propria vita può raggiungere livelli intollerabili. Questa preoccupazione può così bloccare la nostra vita che certamente occorre cercare un modo di affrontare questo. Rivolgersi a un terapeuta è pertanto la strada che percorriamo.
Il livello di collaborazione che si può trovare rivolgendosi a un terapeuta può essere tale che davvero si produca un cambiamento interno, che si ritrova un modo congeniale per vivere in modo soddisfacente.
Rivolgersi a un terapeuta è un tentativo per non scomparire nel silenzio, perché la nostra vita intima se non ha parole, senza una voce, rimane chiusa dentro di noi, ci danneggia e provoca dolore.
Con quali strumenti lavoro?
Il mio mestiere è ascoltare le persone
In che modo le ascolto? Io ascolto quello che hanno da dire della loro vita, per aiutarle a pensare delle strategie per migliorare la serenità e il benessere nelle loro vite.
Con quali strumenti io lavoro? La capacità di ascolto è un’attività complessa, che implica la conoscenza di molti aspetti della vita affettiva e – in generale – mentale degli uomini e delle donne.
Quando chiedi ascolto, infatti, non poni una richiesta banale, un ascolto di superficie. Anzi, vorresti finalmente che chi incontri ti dia una luce che sia capace di avvicinare anche le pieghe della domanda che tu hai formulato quasi o del tutto senza saperlo.
Nella domanda, infatti, vista e accolta ed esaminata nelle sue implicazioni emotive e in generale mentali, è possibile trovare le radici stesse di possibili risposte.
Il lavoro di ascolto inizia da subito, ma può comportare un tempo lungo, perché quel che si cerca di raggiungere è l’autonomia della persona che fa la domanda. Un’autonomia che consente alla persona di mettere in campo una propria abilità nell’ascolto di se stessa.
Il beneficio di avere una capacità di ascolto su se stessi, di introspezione è molto rilevante, tanto che io credo che quasi sempre ciò fa la differenza nella qualità della nostra vita.
Qual è la mia formazione?
Laurea in Psicologia Clinica e di Comunità presso l’Università degli Studi di Torino (oltre a una Laurea in Scienze Biologiche presso l’Università degli Studi di Pavia)
Formazione Junghiana presso l’Associazione Italiana di Psicologia Analitica
Socio Ordinario dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica
Socio Ordinario dell’International Association of Analytical Psychology
Ex-Responsabile della Sezione di Milano dell’Associazione Italiana di Psicologia Analitica
LA MIA ESPERIENZA
Ho lavorato presso:
Ospedale S. Maria delle Stelle di Melzo nel servizio SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) come tirocinante
Comunità Psichiatrica “Le Vele” di Trezzo sull’Adda (BG)
Ospedale Melzo FBF Policlinico Fatebenefratelli e Oftalmico Milano nel Servizio SPDC (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura) come Psicologo Clinico Volontario
ASL Milano 2 Consultorio Familiare
ASL Milano 2 Nucleo Tutela Minori
ASL Bergamo Consultorio Familiare
Studio SEMA di Psicologia Clinica in via Settembrini a Milano
Dal 2000 ho aperto uno studio privato a Lodi in via F. Rossetti 12
Che cos'è la Psicologia Analitica?
La psicologia analitica affronta la psicoterapia e l’analisi del profondo nella tradizione fondata dallo psichiatra svizzero C. G. Jung. Come originariamente definito da Jung, si distingue per un focus sul ruolo di esperienze simboliche e spirituali nella vita umana, e si basa sulla teoria degli archetipi di Jung e sull’esistenza di uno spazio psichico profondo o dell’inconscio collettivo. Seguendo il lavoro originale di Jung, la ricerca in corso nella sua scia ha incluso i risultati di altre discipline e scuole di psicologia del profondo, facendo della psicologia analitica un campo vibrante e in crescita di ricerca e innovazione terapeutica.
L’obiettivo dell’analisi junghiana è quello che Jung chiamava individuazione. L’individuazione non deve essere confusa con la semplice individualità o eccentricità. Piuttosto, l’individuazione si riferisce al raggiungimento di una maggiore consapevolezza dei fattori che influenzano il modo in cui una persona si relaziona con la totalità delle sue esperienze psicologiche, interpersonali e culturali. Jung ha identificato due livelli profondi di funzionamento psicologico che tendono a modellare, a colorare e a volte compromettere l’esperienza di vita di una persona. Insieme a Freud, Jung ha riconosciuto l’importanza delle prime esperienze di vita, che ha definito come complessi personali che derivano da disturbi nella vita della persona che si trovano tutti nell’inconscio personale. La particolare intuizione di Jung, tuttavia, è stata la sua consapevolezza che siamo influenzati anche da fattori che esulano dalla nostra esperienza personale e che hanno una qualità più universale. Questi fattori, che ha definito archetipi, formano l’inconscio collettivo e danno forma a narrative culturali, miti e fenomeni religiosi.
Il processo analitico ha lo scopo di portare questi fattori, sia personali che collettivi, nella coscienza, permettendo all’individuo di vedere più chiaramente quali forze sono in gioco nella sua vita. Implicito nella comprensione di Jung degli archetipi in particolare è il senso di un telos, o obiettivo verso il quale la propria vita può essere diretta. Il ruolo dell’analista è di aiutare a facilitare il processo di individuazione e di accompagnare l’analizzando nel suo percorso personale.